Mi piacciono le canzoni in cui uomini disperati cantano versi strazianti, scritti rinunciando del tutto al loro orgoglio, per avere (o riavere), o soltanto ricordare la donna amata. Se non altro è la prova, per chi come me poco riesce a credere ai sentimenti del sesso maschile, che anche gli uomini, a volte, amano e soprattutto, soffrono. Questa playlist non vuole affatto essere baluardo dei movimenti fondamentalisti femministi, ma nasce col solo intento e la voglia di condividere col mondo intero il piacere tratto dal canto del maschio abbandonato/rifiutato/pentito. Sembra di essere all'interno di un documentario antropologico-sociale, ma, almeno stavolta, la colonna sonora ha più senso (o almeno credo!)!
Quando si va ad un concerto indie, ci si aspetta sempre di vedere tanti, tanti, tanti altri come noi. Occhialoni, pois, camicie a quadri. Entri nel locale e ti aspetti di esser sommerso dalla rassicurante collezione autunno-inverno di H&M, di cui sapresti riconoscere le etichette a 10 metri di distanza. E quando non è così ti senti un po' spaesato, privato del tuo popolo. E insomma, a volte ti capita di andare ad un concerto indie e trovarci dentro nemmeno 30 persone, che attendono alla transenna, neanche ci fosse la ressa per la prima fila. E lì, dopo un iniziale spaesamento pensi: “Minchia, questo concerto è indie per davvero”. E ci si sente ancora più fighi. Insomma, all'orario d'inizio al concerto dei Mystery Jets eravamo veramente in pochi. Ma i ritardi esistono per questo. E l'attesa, in alcuni casi, diventa un obbligo morale. Ma quando la musica del Circolo degli Artisti tace e le luci si spengono saremmo già un'ottantina. Faretti blu e intro con campionatura stellare, e i muri fumosi del locale si riempiono di acerbi gridolini. Eggià, perchè in un pubblico di poco più che ventenni, la sottoscritta, con i suoi reumatici 25 anni, risaltava come membro della categoria Senior. Entrano tutti, i Mystery Jets. Blaine Harrison, ora nel suo periodo mod-psichedelico spettinato, campeggia in mezzo al palco, seduto. Abbandonato il look alla Edward mani di forbice, con i capelli ormai biondi, fitti e fini che gli coprono il viso, saluta. Le sue mani ossute e sgraziate risaltano sul bianco della sua Stratocaster. Comincia il concerto. Alice Spring inonda il pubblico con i suoi coretti ben modulati, mentre Kai Fish suona il basso in piedi sulla batteria, tenerissimo nella sua camicetta fantasia. Le ragazze esplodono, i ragazzi poco più che ventenni si dimenano, ispirati come da un pizzico di tarantola. E io li, al muro, con le mani in tasca li studio. Mi sono fatta vecchia. Poi da lì, un crescendo: Lady Grey, Serotonin, Young Love (un'ottava più bassa), sulle note della quali mi scongelo anch'io. William Rees, vestito da Rino Gaetano, sempre più stempiato, contrasta con l'immagine degli zuccherosi adolescenti che colorano il pubblico. Suda da morire, ma, non c'è che dire...dimostra di sapere il fatto suo. Una ragazza davanti a me commenta “uguali uguali all'album”, con fare soddisfatto. Blaine suona con un asciugamanino da bidet in testa, umido del sudore del suo viso. E ancora, i pezzi si accavallano l'uno sull'altro: The Girl is Gone, Melt, Flash a Hungry Smile, Hideaway, Show me the Light. Poi c'è Two Doors Down, e tutti cominciamo a ballare come fossero gli anni 80. Il concerto continua così, tutto d'un fiato. I Mystery Jets scoppiettano come una caramella alla Soda e hanno il sapore dolce ed amarognolo di un ghiacciolo al lime. Staresti ad ascoltarli per ore. Ma poi il concerto si interrompe. Si esce di scena per rientrare dopo pochissimo, come non riuscissero a staccarsi veramente da noi. Prima di ricominciare a suonare, il momento del compleanno. A quanto pare, ad ogni concerto a cui ultimamente mi capita di andare, c'è qualcuno che deve essere festeggiato. Una povera ragazza viene strappata al pubblico e piazzata davanti al microfono; noncuranti delle più importanti reazioni psicologiche ed emotive, i Mystery Jets le chiedono di cantare Happy Birthday to You. Col Cavolo, dico io. Col Cavolo, dice lei, mentre irretita li guarda. Il pubblico la soccorre: e tutti cantiamo in italiano, Tanti auguri a te. (A te che non abbiamo nemmeno capito chi sei, però vabbè...) Durante il bis, i pezzi da combattimento, quelli che aspettavamo tutti, quelli che due tre metri più in là dei ragazzi stavano chiedendo dall'inizio della serata. Ci sciogliamo tutti su Flakes che, anche se parla di una triste rottura, ci fa sentire tutti più innamorati. E scatta un unico bacio, che finisce solo sull'ultima nota. Dreaming of Another World è la più ululata della serata, coinvolge tutti, volenti o nolenti. E alla fine capisci che il concerto sta davvero per finire, che la serata è terminata, quando cominci a sentire le prime note di quel “tururù” che ti si mette in testa e non se ne va: Half in Love with Elizabeth. Escono di scena, sudati, sorridenti, sempre rivestiti di quell'aura innocente e giovane che smuoverebbe chiunque. E tu togli i piedi dal pavimento di bicchieri di birra vuoti e te ne vai , con meno pensieri, con un po' più di colore, più giovane di quando eri entrato.
Ammetto che il titolo originale di questa playlist era “martellante motivetto che mi entri in capoccia e non te ne vai nemmeno sotto la doccia" che era bello perché pure in rima, ma forse un po’ troppo prolisso,per cui si è mediato per un altro più incisivo. Avere una melodia/motivo/insieme di note che non si riesce a smettere di canticchiare è una bruttissima malattia che colpisce tutte le persone con un minimo di orecchio. È una piaga che miete sempre più vittime ed è sempre difficile guarire. A questo problema non esiste ancora un rimedio o cura, però possiamo sostituire questo motivetto (soprattutto se siete schiavi di waka waka e alealejandro)... Una playlist "progresso" per aiutarvi:
PlayLeast "regala" delle playlist di ascolto personali con le relative "istruzioni per l'uso": ogni playlist potrà essere associata ad un particolare momento di una stagione, di una settimana, di un giorno, a speciali emozioni o a normalissime attività quotidiane. Con i consigli degli autori potrai arricchire ogni momento con musica e parole appropriate.
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